Giovanni, tra arte e visual design
Giovanni, Art Director in Mashfrog, ci racconta in questa intervista come le sue esperienze di artista visivo e designer si sovrappongano e si influenzino a vicenda, creando un approccio unico alla creatività.
Giovanni Longo è Art Director e coordina i Graphic Designer della BU Content & Creative Solutions, ma è anche uno scultore e artista visivo che ha esposto in diversi eventi nazionali e internazionali. Gli abbiamo chiesto di raccontarci il suo percorso professionale e artistico, da dove nascono le sue opere e qual è il legame tra il suo lavoro e la sua arte.
Di cosa ti occupi in Mashfrog?
Sono entrato in Mashfrog come Graphic Designer nel 2018 e nel corso degli anni ho avuto la possibilità di crescere professionalmente, coordinando l’area di graphic design ed entrando nel gruppo degli Art Director. Ci occupiamo della parte visiva e creativa di campagne e strategie di comunicazione, progettiamo visual e brand identity e sviluppiamo prodotti editoriali, data visualization e contenuti per i social media. Siamo un team affiatato di professionisti costruito per rispondere alle esigenze sia del mondo digitale che di quello offline, integrando la capacità progettuale all’utilizzo virtuoso di nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale, abbracciando tutte le sfaccettature della comunicazione visiva contemporanea.
Quando hai iniziato a realizzare le tue prime opere?
Ho iniziato nel 2005, durante il primo anno di ABA a Reggio Calabria. Ma l’inclinazione è maturata molto prima, tra gli insegnamenti di una madre maestra e l’estro di un padre scultore-ceramista. Mia madre mi ha spinto alla creatività e alla lettura, facendomi sperimentare quella capacità cognitiva di evocare partendo da una semplice storia; mio padre mi permetteva di girovagare nel suo studio e manipolare la materia, svelandomi le sue opere di argilla incompiute, che hanno alimentato la mia curiosità e immaginazione.
These are not my legs, legno di recupero, gommapiuma, ferro zincato, 2016
Qual è il senso profondo della tua arte?
Volendo semplificare, è una ricerca stratificata nel tempo che mette in dialogo mondi apparentemente distanti, creando relazioni tra questioni esistenziali e globali con processi di carattere locale e personale.
Una parte corposa del mio lavoro consiste infatti nel recupero di materiali lignei lungo le fiumare in Calabria, correnti d’acqua secche d’estate, ma veri e proprio fiumi durante le stagioni invernali. Questo scandire delle stagioni crea un ecosistema di nascita e trasformazione continua della vegetazione. Io mi inserisco in questo percorso come una diga, asportando il materiale modellato dalle correnti e che, attraverso una comparazione e classificazione, diviene parte di strutture anatomiche complete o evocate che dialogano con lo spazio e il tempo.
Una ricerca connessa con la fragilità della vita, con la sua caducità ma anche con la sua resilienza, usando un termine un po’ consumato ma molto chiaro.
Qual è il fattore comune tra le diverse opere che realizzi?
Il filo conduttore delle mie opere, sia fisiche che più digitali, è probabilmente l’archiviazione, al fine di rielaborare i materiali e i dati raccolti e trasportare i fruitori altrove, in luoghi sconosciuti.
Esempio di questo è l’installazione Museum not Found realizzata a Parigi per la residenza JCE, un percorso di astrazione dal mondo delle immagini per riscoprire l’essenza dell’esperienza culturale che il museo può offrire. O ancora l’opera Italian Dream, un’applicazione web che riproduce in loop una chat campionando, dalle mie conversazioni personali, una serie di frasi riguardanti il sogno e creando un intimo dialogo tra due entità, su un desiderio che si rincorre e non si concretizza mai.
Italian Dream, applicazione web, 2016
Cosa c'è della tua arte nel tuo lavoro in Mashfrog?
La ricerca artistica influisce profondamente sul mio lavoro in Mashfrog, perché il metodo di analisi e rielaborazione risulta molto simile. Sia il mondo del design grafico che quello dell’arte contemporanea si sviluppano in un vuoto spaziale alimentato da informazioni ed elementi visivi, che vanno bilanciati al fine di creare un risultato significativo ed espressivo che risponda a una necessità o a un’urgenza. Sono mondi molto diversi tra loro, per finalità e obiettivi, ma che nella mia esperienza si sono alimentati reciprocamente.
Raccontaci di un tuo progetto a cui sei particolarmente legato.
Mi piace ricordare Kármán line, un’installazione site-specific realizzata nel 2017 per la residenza internazionale BoCS Art a Cosenza. L’opera è concettualmente collegata al confine ipotizzato da Theodore von Kármán, a un’altitudine di circa 100 km sopra il livello del mare, che convenzionalmente distingue l’atmosfera terrestre dallo spazio esterno. Un luogo indefinito caratterizzato da una linea di demarcazione arbitraria che nell'opera diviene fisicamente presente, fluttuando nello spazio e mutando in elemento costitutivo delle strutture presenti, dalle quali emergono masse anatomiche come un costato ligneo. Quest’opera ha rappresentato sicuramente un turning point nella mia ricerca, ampliando le possibilità che la materia stessa mi aveva offerto fino a quel momento, mettendo ulteriormente a fuoco il mio metodo.
Kármán line, installazione site-specific, BoCS Art Cosenza, 2017
Dove possiamo vedere le tue opere?
Ci sono diversi progetti in corso, tra cui una mostra personale che sto preparando per il prossimo anno. Nel frattempo, è possibile venire a trovarmi presso ARCHIVIOO, un artist-run space che condivido con l'artista Giulia Spernazza a Roma, oppure visitare il mio sito giovannilongo.com per maggiori informazioni sulle mie attività.